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La pandemia ha fatto da volano alla crescita economica dell’Industry 4.0. Il manufacturing italiano si evolve tra nuove progettualità, IoT, sostenibilità e servizi.

 

Nonostante le premesse fossero negative, il 2020 è stato un anno positivo per il mercato italiano dell’industry 4.0 e del manufacturing. Lockdown generalizzati, fermi produttivi, blocco delle esportazioni e crisi delle supply chain: paradossalmente, la crisi pandemica ha funzionato da volano, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Osservatorio Transizione Industria 4.0 (ottobre 2021). La fotografia scattata dagli analisti della School of Management del Politecnico di Milano evidenzia un incremento dell’8% (dai 3,9 miliardi del 2019 ai 4,1 miliardi con cui si è chiusura il 2020). Numeri che portano a guardare con fiducia anche all’imminente chiusura del 2021. Le previsioni stimano un +12/15 per cento anno su anno.

L’aspetto forse più interessante, oltre a quello della crescita economica, è l’affermarsi di una progettualità sempre più strutturata. Una vera e propria rivoluzione delle nuove tecnologie e della digital transformation che sta cambiando l’industria manifatturiera in tutti i suoi settori, dal tessile all’elettronica, passando per food & beverage, farmaceutica e metallurgia, solo per citarne alcuni.

Il titolo dell’analisi presentata dall’Osservatorio è, d’altra parte, significativo in tal senso: “L’Industria 4.0 in un mondo che cambia”. E proprio a partire da questa fotografia, vediamo di seguito come si sta evolvendo l’industry 4.0, ovvero il manufacturing italiano nell’era di big data, IoT e machine learning, nel nuovo mondo… quello post- Covid.

 

Industria manifatturiera nel post-covid

Chiamato nel febbraio 2021 a guidare la ripresa del Paese a seguito della crisi sanitaria ed economica, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha immediatamente dichiarato il ruolo essenziale della ‘nuova smart factory nel processo. In particolare, l’esigenza di «estendere e rendere facilmente fruibile il piano nazionale della Transizione 4.0 per accompagnare le imprese nel processo di innovazione tecnologica e di sostenibilità ambientale». D’altra parte, come già accennato, durante la pandemia proprio l’industria 4.0, le tecnologie ad essa collegate e la digitalizzazione della produzione si sono rivelate uno strumento di contrasto alla crisi economica. Il mondo in cui ci troviamo oggi è nuovo, plasmato dagli effetti più o meno diretti della crisi globale: quali sono state, in questo scenario, le iniziative del comparto manifatturiero a fare da propulsore? Cosa ha reso possibile quel +8%, destinato a crescere alla fine dell’anno in corso?

Aziende sempre più connesse e data-driven

Nel 2020 l’industria manifatturiera, nei suoi molteplici settori, ha investito prevalentemente in attività afferenti a due ambiti tecnologici:

  • Industrial Internet of Things, ovvero tecnologie per la connettività (il 60% della spesa totale);
  • Industrial Analytics, tecnologie per l’acquisizione di dati (il 17%).

Una spesa totale che ammonta a circa 3 miliardi, il 77% di quella complessiva.

A seguire, con una spesa pari all’8% (390 milioni), il Cloud Manufacturing. Una componente di sicuro interesse destinata, secondo gli esperti, a ridisegnare il volto dell’economia italiana con nuovi modelli di manifattura as a service sulla scia di quanto già successo nel mondo IT.

Da remoto is the new normal

In piena pandemia, alcune delle nuove tecnologie fondanti dell’Industria 4.0 hanno accelerato lo sviluppo e la diffusione di nuovi modelli operativi virtuali e da remoto.

Lo Smart Working si è diffuso trasversalmente, in tutti i settori, incluse le imprese manifatturiere. I cambiamenti più profondi verificatisi con l’avvento dell’Industrial Smart Working sono per lo più raggruppabili in tre tipologie:

  • flessibilità: la gestione del lavoro ha registrato un incremento della flessibilità a livello di orari (nel 37% delle aziende), mansioni e postazioni (un altro 37%), gestione dei turni (20%). Ad oggi, il 17% degli imprenditori lascia libera scelta ai dipendenti fra lavoro in presenza o in modalità smart;
  • salute: il 19% dei luoghi di lavoro si sono dotati della strumentazione per monitorare regolarmente le condizioni di salute dei lavoratori;
  • remotizzazione: processo che ha coinvolto le attività formative, di controllo qualità e di monitoraggio degli impianti (penetrando nel 40% delle aziende). Interessati anche gli ambiti di manutenzione, gestione delle officine, collaudo delle macchine (circa 25-30%).

Con i cambiamenti, sono arrivati anche benefici evidenti: maggiore tempestività di risposta ai problemi, maggiore soddisfazione dei lavoratori e miglioramento del work-life balance (al netto di casi, circa il 16%, in cui stress e carico di lavoro sono invece aumentati).

La nuova tecnologia smart e la digital transformation «sono state fondamentali per accelerare la transizione verso modelli di Industrial Smart Working», (Raffaella Cagliano, Co-Direttrice dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0). Vediamo quali:

  • IoT e dashboard digitali per un approccio data-driven alla gestione dei processi;
  • piattaforme e tool per la collaborazione a distanza;
  • tecnologie di sicurezza e protezione dei dati, cybersecurity.

Lungo la strada della nuova rivoluzione industriale si prospettano, inoltre, grandi cambiamenti sul fronte delle competenze, con l’esigenza dei manager di rendere gli operatori polivalenti, svilupparne le skills (gestionali e decisionali, oltre che tecniche) e coinvolgerli maggiormente nella digitalizzazione dei processi produttivi e, in generale, nei percorsi di innovazione.

Sostenibile è competitivo

Prendendo in prestito le parole di Luca Fumagalli (Co-Direttore dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0): «Diventare sostenibile, ormai, è un’esigenza dettata direttamente dal mercato e le imprese stanno sfruttando le tecnologie digitali per cogliere questo vantaggio competitivo». I numeri parlano di un trend chiaro: lo scorso anno, il 15% della manifattura italiana ha sviluppato progetti sostenibili nell’ambito delle operazioni di fabbrica, a fronte di un solo 3% di imprese non interessate.

Si tratta di progettualità che coinvolgono la gestione delle operations (monitoraggio e analisi dei consumi) e della fine vita del prodotto (con attenzione a scarti, rifiuti, consumi ecc.). Le principali leve tecnologiche a sostenerle sono:

  • Advanced Automation (30%);
  • Industrial IoT (28%);
  • Analytics (16%);
  • Cloud (11%);
  • Additive Manufacturing (11%);
  • Advanced HMI (5%).

Servitizzazione

Anche in questo campo è in atto un evidente cambiamento, ma il processo è lento e graduale. Da una parte oltre il 30% dell’industria manifatturiera lavora con beni strumentali e software utilizzati a fronte di un canone mensile o annuale. Dall’altra, tuttavia, il numero scende se andiamo a vedere quante sono le imprese che sfruttano a pieno le potenzialità dei macchinari: che si tratti di approcci data-centrici (utili, per esempio, a ottimizzarne il funzionamento, la prevenzione di guasti o malfunzionamenti), o dei vantaggi offerti dalla connessione dei diversi macchinari.

Una soluzione per accelerare lo sfruttamento dell’IoT è Vodafone Industrial Connect, un servizio chiavi in mano progettato per digitalizzare gli impianti di produzione esistenti, monitorare i dati di input/output in tempo reale, ottenere informazioni sul funzionamento e lo stato degli impianti in modo tale da ottimizzare il processo produttivi. Avviare una transizione verso l’industria 4.0 significa quindi dotarsi delle giuste soluzioni IoT e sfruttare sempre più dati e informazioni per migliorare processi decisionali e aumentare la produttività.

La criticità probabilmente sta nella cultura aziendale o, meglio, nella difficoltà di introdurre nuovi modelli operativi all’interno di uffici acquisti abituati da sempre a ragionare in ottica di acquisti una tantum o operatori poco propensi a condividere con terze parti i dati del macchinario.
A ben vedere, non vi è una sola risposta alla domanda “Industry 4.0: come cambia il mondo del manufacturing?”. I percorsi, e le tecnologie che li consentono, sono molteplici. La cosa certa, oggi, è l’importanza fondamentale di una visione a lungo termine con investimenti anche sul capitale umano. Se è vero che il ruolo degli in incentivi previsti dal piano Transizione 4.0 è già stato decisivo durante la pandemia, è altrettanto vero che ora è imprescindibile investire con particolare attenzione alla forza lavoro, affinché le competenze delle persone avanzino insieme alle macchine.

 

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